Il mondo delle opere pubbliche – e delle costruzioni in genere – vive certamente un momento fortemente drammatico poiché l’equilibrio economico dei contratti di appalto è stato sovvertito prima dagli effetti della pandemia e – più di recente – dalle conseguenze economiche della situazione di guerra esistente tra l’Ucraina e la Federazione Russa e, più in generale della grave contrapposizione tra quest’ultima ed il mondo occidentale ed occidentalizzato. Il nostro legislatore sembra non aver ancora chiaramente percepito la gravità della situazione e la profondità della crisi che si inserisce in una situazione economica che rischia seriamente di sfociare in una stagflazione che potrebbe essere esiziale per molte imprese non adeguatamente attrezzate a fronteggiare tale condizione. Mentre tutte le previsioni di crescita dell’economia vengono riviste al ribasso con un mercato finanziario certamente molto nervoso, come testimoniato dall’andamento altalenante caratterizzato da ribassi – talvolta assai rilevanti – e da recuperi – quasi sempre modesti – il nostro legislatore ha effettuato vari interventi normativi per tentare di gestire la situazione di gravissima difficoltà nella quale le imprese si trovano. Tali molteplici interventi, tuttavia, sembrano rivelare la mancanza di una visione complessiva e appaiono frutto di approssimazioni progressive verso un obiettivo di stabilizzazione che appare ancora lontano.
Sia pure molto schematicamente, è opportuno ricordare le varie norme volte a disciplinare gli effetti degli incrementi di costo sulla spesa complessiva per l’esecuzione delle opere.
- Il codice dei contratti (d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50) all’art. 106 – a regime – ha previsto che «I contratti di appalto nei settori ordinari e nei settori speciali possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento nei casi seguenti:
a) 1se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi. 2Tali clausole fissano la portata e la natura di eventuali modifiche nonché le condizioni alle quali esse possono essere impiegate, facendo riferimento alle variazioni dei prezzi e dei costi standard, ove definiti. 3Esse non apportano modifiche che avrebbero l’effetto di alterare la natura generale del contratto o dell’accordo quadro. 4Per i contratti relativi ai lavori, le variazioni di prezzo in aumento o in diminuzione possono essere valutate, sulla base dei prezzari di cui all’articolo 23, comma 7, solo per l’eccedenza rispetto al dieci per cento rispetto al prezzo originario e comunque in misura pari alla metà. 5Per i contratti relativi a servizi o forniture stipulati dai soggetti aggregatori restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 511, della legge 28 dicembre 2015, n. 208»; (N.B. – i numeri rossi indicano l’inizio di ogni periodo).
Ne deriva che, in base al codice dei contratti, l’eventuale revisione dei prezzi può aver luogo solo ove essa sia stata prevista nei documenti di gara e – in tal caso – in conformità alle disposizioni contrattuali.
- A seguito dell’eccezionale aumento dei prezzi di alcuni materiali da costruzione più significativi e alle connesse conseguenze negative per gli operatori economici e per le stazioni appaltanti, il decreto legge 25 maggio 2021, n. 73 (c.d. “Decreto Sostegni bis”), convertito con modificazioni con legge 23 luglio 2021, n. 106, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 176 del 24 luglio 2021, all’articolo 1-septies ha dettato disposizioni urgenti in materia di compensazione dei prezzi dei materiali da costruzione nei contratti pubblici prevedendo, anche in deroga all’articolo 133 del d. lgs n. 163/2006 e all’articolo 106, comma 1, lett. a) del d. lgs n. 50/2016, l’emanazione di un decreto del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili che rilevasse le variazioni percentuali, in aumento o in diminuzione, superiori dell’otto per cento, relative al primo semestre dell’anno 2021, dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi.
- L’importo riconoscibile all’appaltatore a titolo di “compensazione” è determinato applicando alle quantità dei singoli materiali impiegati nelle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori dal 1° gennaio 2021 fino al 30 giugno 2021, le variazioni in aumento o in diminuzione dei relativi prezzi rilevate dal decreto di cui al punto 2, con riferimento alla data dell’offerta, eccedenti l’otto per cento, se riferite esclusivamente all’anno 2021, ed eccedenti il dieci per cento complessivo se riferite a più anni. Per i contratti sottoposti al regime del d. lgs. n. 50 del 2016, le compensazioni sono determinate al netto di quelle eventualmente già riconosciute o liquidate in relazione al primo semestre dell’anno 2021, ai sensi dell’articolo 106, comma 1, lettera a), del d. lgs n. 50/2016, innanzi richiamato nel punto 1.
- Ove il decreto rilevi variazioni, in aumento o in diminuzione, dei prezzi dei singoli materiali da costruzione più significativi, l’appaltatore ha diritto alla compensazione per le quantità accertate dal direttore dei lavori, con applicazione dei seguenti criteri di calcolo:
- la variazione percentuale, depurata dell’alea a carico dell’appaltatore prevista dalla norma, è applicata al prezzo medio rilevato dal decreto per il singolo materiale da costruzione nell’anno solare di presentazione dell’offerta;
- la variazione di prezzo unitario determinata secondo la procedura di cui alla precedente lettera a) è applicata alle quantità del singolo materiale da costruzione contabilizzate nel semestre solare precedente al decreto mediante il quale sia stata accertata la variazione.
- A pena di decadenza, entro i quindici giorni decorrenti dalla data di pubblicazione del decreto ministeriale l’appaltatore deve presentare l’istanza per il riconoscimento delle “compensazioni” ed essa deve contenere l’indicazione dei materiali impiegati nell’esecuzione dell’appalto per i quali il decreto abbia rilevato incrementi dei prezzi e la richiesta al direttore dei lavori di accertare le quantità contabilizzate.
- Il direttore dei lavori accerta le quantità di ciascun materiale cui applicare la variazione del prezzo unitario individuata in conformità al precedente punto 4, lett. a) sia per le opere contabilizzate a misura, sia per quelle contabilizzate a corpo e calcola l’ammontare della compensazione in conformità al precedente punto 4 lett. b). In relazione alle lavorazioni eseguite nell’arco temporale indicate dall’art. 1 septies del decreto legge 25 maggio 2021, n. 73 (ossia per gli appalti in corso di esecuzione alla data del 25 luglio 2021) ed allibrate nei documenti amministrativo-contabili dell’appalto, il direttore dei lavori per le opere contabilizzate a misura per la cui esecuzione sia stato impiegato il singolo materiale, individua le relative quantità, mentre per le opere contabilizzate a corpo individua le percentuali di avanzamento delle opere per la cui esecuzione sia stato impiegato il materiale.
- L’importo relativo alle compensazioni non è soggetto al ribasso e deve essere – ovviamente – determinato al netto delle compensazioni già corrisposte all’appaltatore; in ogni caso per le compensazioni non sussiste onere di formulazione di riserva, poiché si tratta di un diritto che – al verificarsi delle condizioni – discende dalla legge.
- Il Responsabile unico del procedimento deve convalidare i conteggi sviluppati dal Direttore dei lavori e provvedere a verificare la disponibilità di somme nel quadro economico di ogni intervento ai fini della corresponsione degli importi relativi alle compensazioni nonché, ove occorra, richiedere alla stazione appaltante ulteriori somme occorrenti per effettuare gli eventuali pagamenti.
- Con l’art. 1, comma 398, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022) il legislatore è nuovamente intervenuto sulla materia ed ha apportato modifiche al testo dell’art. 1 septies del d. l. 23 maggio 2021, n. 73 poiché ha esteso il periodo di rilevanza dei rincari – originariamente previsto solo in relazione al primo semestre del 2021 – anche al secondo semestre del 2021; ha previsto che il ministero rilevi gli incrementi di costo con decreti emessi entro il 31 ottobre e il 31 marzo ed ha apportato le consequenziali modifiche ai commi 3 e 4 dell’art. 1 septies del d. l. 23 maggio 2021, n. 73. L’art. 1, comma 398 della legge 30 dicembre 2021, n. 234 non ha modificato i criteri di calcolo innanzi indicati, né ha inciso sull’alea a carico dell’appaltatore, rimasta alla percentuale dell’otto per cento.
- Il legislatore è nuovamente intervenuto sulla materia con il d.l. 27 gennaio 2022, n. 4 – pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 21 del 27 gennaio, convertito con la legge 28 marzo 2022, n. 25, entrata in vigore il successivo 29 marzo. L’art. 29 di tale d. l. ha previsto che sino al 31 dicembre 2023, in relazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, i cui bandi o avvisi con cui è stata indetta la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto (27 gennaio 2022), nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o di avvisi, qualora l’invio degli inviti a presentare le offerte sia effettuato successivamente alla data di entrata in vigore del decreto:
- è obbligatorio l’inserimento, nei documenti di gara iniziali, delle clausole di revisione dei prezzi previste dall’articolo 106, comma 1, lettera a), primo periodo, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, fermo restando quanto previsto dal secondo e dal terzo periodo del medesimo comma 1 del citato art. 106; per i contratti relativi ai lavori, in deroga all’articolo 106, comma 1, lettera a), quarto periodo, del decreto legislativo n. 50 del 2016, le variazioni di prezzo dei singoli materiali da costruzione, in aumento o in diminuzione, sono valutate dalla stazione appaltante soltanto se tali variazioni risultano superiori al cinque per cento rispetto al prezzo, rilevato nell’anno di presentazione dell’offerta, anche tenendo conto di quanto previsto dal decreto del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili di cui al comma 2, secondo periodo. In tal caso si procede a compensazione, in aumento o in diminuzione, per la percentuale eccedente il cinque per cento e comunque in misura pari all’80 per cento di detta eccedenza, nel limite delle risorse di cui al comma 7 del medesimo art. 29 del d. l. n. 4 del 2022, ai sensi del quale «per le finalità di cui al comma 1, lettera b), si possono utilizzare le somme appositamente accantonate per imprevisti, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nel quadro economico di ogni intervento, in misura non inferiore all’1 per cento del totale dell’importo dei lavori, fatte salve le somme relative agli impegni contrattuali già assunti, nonché le eventuali ulteriori somme a disposizione della stazione appaltante per lo stesso intervento nei limiti della relativa autorizzazione annuale di spesa. Possono altresì essere utilizzate le somme derivanti da ribassi d’asta, qualora non ne sia prevista una diversa destinazione sulla base delle norme vigenti, nonché le somme disponibili relative ad altri interventi ultimati di competenza dei soggetti aggiudicatori per i quali siano stati eseguiti i relativi collaudi ed emanati i certificati di regolare esecuzione nel rispetto delle procedure contabili della spesa nei limiti della residua spesa autorizzata». Giusta il successivo comma 8, dal 27 gennaio 2022 e fino al 31 dicembre 2026, in caso di insufficienza delle risorse di cui al comma 7 innanzi richiamato e limitatamente alle opere pubbliche finanziate, in tutto o in parte, con le risorse previste dal regolamento (UE) 2021/240 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 febbraio 2021, e dal regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021, nonché dal Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR, di cui all’articolo 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 luglio 2021, n. 101, alla copertura degli oneri derivanti dal riconoscimento della compensazione di cui alla lettera b) del comma 1, si provvede, nel limite del 50 per cento delle risorse annualmente disponibili e che costituiscono limite massimo di spesa annuale, a valere sulla dotazione del fondo di cui all’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120. Il decreto previsto dall’articolo 7, comma 4, del decreto-legge n. 76 del 2020 stabilisce, altresì, le modalità di accesso al fondo per le finalità di cui al suddetto comma 8.
- Ai sensi dell’art. 29, comma 2, del d. l. n. 4 del 2022, l’Istituto nazionale di statistica, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto (e quindi entro il 24 aprile 2022), sentito il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, definisce la metodologia di rilevazione delle variazioni dei prezzi dei materiali di costruzione di cui alla lettera b) del comma 1, anche per le finalità di cui all’articolo 133, comma 6, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Entro il 31 marzo e il 30 settembre di ciascun anno, il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili procede alla determinazione con proprio decreto, sulla base delle elaborazioni effettuate dall’Istituto nazionale di statistica, delle variazioni percentuali dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi relative a ciascun semestre.
- Il legislatore ha inciso anche sul criterio di calcolo poiché – con il comma 3, dell’art. 29 del d. l. n. 4 del 2022 – ha disposto che «La compensazione di cui al comma 1, lettera b) è determinata applicando la percentuale di variazione che eccede il cinque per cento al prezzo dei singoli materiali da costruzione impiegati nelle lavorazioni contabilizzate nei dodici mesi precedenti al decreto di cui al comma 2, secondo periodo, e nelle quantità accertate dal direttore dei lavori», fermo restando l’onere, – previsto a pena di decadenza dal comma 4 dell’art. 29 del d.l. 4 del 2022 – che l’appaltatore presenti una istanza per il riconoscimento della compensazione, entro i sessanta giorni decorrenti dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del decreto del Ministero delle Infrastrutture di determinazione delle variazioni percentuali dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi relative a ciascun semestre. L’Appaltatore deve corredare l’istanza con adeguata documentazione, ivi compresa la dichiarazione di fornitori o subcontraenti o con altri idonei mezzi di prova relativi alle variazioni, per i materiali da costruzione, del prezzo dei materiali da costruzione pagato, rispetto a quello documentato dallo stesso con riferimento al momento dell’offerta.
- La compensazione è ammissibile solo per i lavori che siano stati eseguiti nel rispetto dei termini indicati nel cronoprogramma.
- Il direttore dei lavori verifica l’effettiva maggiore onerosità subita dall’appaltatore e che l’esecuzione dei lavori sia avvenuta nel rispetto dei termini indicati nel cronoprogramma.
- Ove la maggiore onerosità provata dall’appaltatore – ed accertata dal Direttore dei lavori – sia relativa ad una variazione percentuale inferiore a quella riportata nel decreto del Ministero Infrastrutture, la compensazione è riconosciuta limitatamente alla predetta inferiore variazione e per la sola parte eccedente il cinque per cento e in misura pari all’80 per cento di detta eccedenza. Ove sia provata dall’esecutore una maggiore onerosità relativa ad una variazione percentuale superiore a quella riportata nel predetto decreto, la compensazione è riconosciuta nel limite massimo pari alla variazione riportata nel decreto del Ministero delle Infrastrutture, per la sola parte eccedente il cinque per cento e in misura pari all’80 per cento di detta eccedenza. Ove sia provata dall’esecutore una maggiore onerosità relativa ad una variazione percentuale inferiore a quella riportata nel predetto decreto, la compensazione è riconosciuta limitatamente a tale inferiore variazione per la sola parte eccedente il cinque per cento e in misura pari all’80 per cento di detta eccedenza.
- Sono esclusi dalla compensazione i lavori eseguiti nell’anno solare di presentazione dell’offerta e l’importo delle compensazioni non è sottoposto al ribasso d’asta.
- Inoltre, ai sensi del comma 9 dell’art. 26 del d. l. n. 4 del 2022, le risorse finanziarie che – a decorrere dal 27 gennaio 2022 e fino al 31 dicembre 2026 – dovessero rendersi disponibili a seguito dell’adozione di provvedimenti di revoca dei finanziamenti statali relativi a interventi di spesa in conto capitale, con esclusione di quelle relative al PNRR di cui al regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021, al programma React-EU, di cui al regolamento (UE) 2020/2221 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 dicembre 2020, al Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR, di cui all’articolo 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 luglio 2021, n. 101, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnate al Fondo di cui all’articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 76 del 2020 che – giusta il comma 10 dell’art. 9 del d. l. n. 4 del 2022 – è incrementato di 40 milioni di euro per l’anno 2022 e di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023-2024, interamente destinati alle compensazioni di cui al comma 1, lettera b) del d. l. n. 4/2022, per le opere pubbliche indicate al comma 8 del medesimo d. l. n. 4/2022. Ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente utilizzo delle risorse di cui al Fondo di parte capitale di cui all’articolo 34-ter, comma 5, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, iscritto nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.
- Con l’art. 25, comma 1, del d. l. 1 marzo 2022, n. 17 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 1 marzo 2022, n. 50, recante «Misure urgenti per il contenimento dei costi dell’energia elettrica e del gas naturale, per lo sviluppo delle energie rinnovabili e per il rilancio delle politiche industriali», convertito con legge 27 aprile 2022, n. 34), la dotazione del Fondo per l’adeguamento dei prezzi e disposizioni in materia di revisione dei prezzi dei materiali nei contratti pubblici di cui all’articolo 1-septies, comma 8, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106 è stata incrementata di 150 milioni per l’anno 2022.
- I commi 2, 3, 4, 5, 6, 7 ed 8 dell’art. 25 del d.l. 1 marzo 2022, n. 17 – che pure disciplinavano le compensazioni – sono stati espressamente abrogati dall’art. 26, comma 10, del d. l. 17 maggio 2022, n. 50, ad appena circa 20 giorni dalla legge di conversione.
- Il d. l. 21 marzo 2022, n. 21 – pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 21 marzo 2022 – convertito con legge 20 maggio 2022, n. 51, recante «Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina» contiene ulteriori disposizioni finalizzate a contenere gli effetti del rincaro dei fattori della produzione. L’art. 23 di tale d. l. dispone che «1. Al fine di mitigare gli effetti economici derivanti dagli aumenti eccezionali dei prezzi di alcuni materiali da costruzione, nonché dei carburanti e dei prodotti energetici, il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, in relazione alle domande di accesso al Fondo per l’adeguamento dei prezzi di cui all’articolo 1-septies, comma 8, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, può riconoscere, nel limite complessivo del 50 per cento delle risorse del medesimo Fondo e nelle more dello svolgimento dell’attività istruttoria relativa alle istanze di compensazione presentate secondo le modalità di cui al citato comma 8, un’anticipazione pari al 50 per cento dell’importo richiesto in favore dei soggetti di cui al comma 7 del medesimo articolo 1-septies ed all’articolo 25, comma 8, del decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17. All’esito dell’attività istruttoria di cui al periodo precedente, il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili può disporre la ripetizione totale o parziale dell’importo erogato a titolo di anticipazione, che è versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnato al Fondo di cui all’articolo 1-septies, comma 8, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106»
- I commi 2 e 3 del d. l. n. 21/2022, dispongono in ordine all’ulteriore finanziamento del Fondo di all’articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 76 del 2020 e dispongono che «Al fine di fronteggiare gli aumenti eccezionali dei prezzi di alcuni materiali da costruzione:
- il Fondo di cui all’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, è incrementato di 200 milioni di euro per l’anno 2022 interamente destinati alle compensazioni di cui all’articolo 29, comma 1, lettera b) del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4 per le opere pubbliche di cui al comma 8 del medesimo articolo 29;
- la dotazione del Fondo di cui all’articolo 1-septies, comma 8, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, è incrementata di 120 milioni di euro per l’anno 2022.
3. Agli oneri derivanti dal comma 2, pari a 320 milioni di euro per l’anno 2022, si provvede ai sensi dell’articolo 38.
3-bis. L’articolo 1-septies del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, l’articolo 29 del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25, e l’articolo 25 del decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 2022, n. 34, si interpretano nel senso che le disposizioni ivi contenute per gli appaltatori si applicano, alle medesime condizioni, anche ai contraenti generali, anche in deroga a quanto previsto dai contratti o convenzioni».
- Infine, l’art. 26 del d. l. 17 maggio 2022, n. 50 ha dettato ulteriori disposizioni finalizzate a contenere gli effetti dei rincari di costo dei fattori della produzione. In attesa di conversione – e quindi “al netto” delle eventuali modifiche che possano essere ad esso apportate, l’indicata disposizione – al comma 1 – prevede che al fine di fronteggiare gli aumenti eccezionali dei prezzi dei materiali da costruzione, nonché dei carburanti e dei prodotti energetici, in relazione agli appalti pubblici di lavori, ivi compresi quelli affidati a contraente generale, aggiudicati sulla base di offerte, con termine finale di presentazione entro il 31 dicembre 2021, lo stato di avanzamento dei lavori relativo alle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori ovvero annotate, sotto la responsabilità dello stesso, nel libretto delle misure dal 1° gennaio 2022 fino al 31 dicembre 2022, debba essere adottato, anche in deroga alle specifiche clausole contrattuali, applicando i prezzari aggiornati ai sensi del comma 2 ovvero, nelle more del predetto aggiornamento, quelli previsti dal comma 3. Tale comma 2 dispone che le regioni – in deroga alle previsioni di cui all’articolo 23, comma 16, terzo periodo, del decreto legislativo n. 50 del 2016, e limitatamente all’anno 2022, entro il 31 luglio 2022, debbano procedere ad un aggiornamento infrannuale dei prezzari in uso alla data di entrata in vigore del presente decreto, in attuazione delle linee guida di cui all’articolo 29, comma 12, del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25. In caso di inadempienza da parte delle regioni, i prezzari sono aggiornati, entro i successivi quindici giorni, dalle competenti articolazioni territoriali del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, sentite le regioni interessate.
Fatto salvo quanto disposto dall’articolo 29 del decreto-legge n. 4 del 2022, in relazione alle procedure di affidamento delle opere pubbliche avviate successivamente al 18 maggio 2022 – data di entrata in vigore del d. l. 50 del 2022 – e sino al 31 dicembre 2022, ai fini della determinazione del costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni, ai sensi dell’articolo 23, comma 16, del decreto legislativo n. 50 del 2016, si applicano i prezzari aggiornati ai sensi del comma 2 dell’art. 26 del d. l. n. 50 del 2022, ovvero, nelle more dell’aggiornamento, quelli previsti dal comma 3 del medesimo articolo.
I prezzari aggiornati entro il 31 luglio 2022 cessano di avere validità entro il 31 dicembre 2022 e possono essere transitoriamente utilizzati fino al 31 marzo 2023 per i progetti a base di gara la cui approvazione sia intervenuta entro tale data.
Il comma 3 dell’art. 29 del d. l. 50 del 2022 dispone che nelle more della determinazione dei prezzari regionali ai sensi del già richiamato comma 2 e in deroga alle previsioni di cui all’articolo 29, comma 11, del decreto-legge n. 4 del 2022, le stazioni appaltanti, per i contratti relativi a lavori, ai fini della determinazione del costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni, ai sensi dell’articolo 23, comma 16, del decreto legislativo n. 50 del 2016, incrementano fino al 20 per cento le risultanze dei prezzari regionali di cui al comma 7 del medesimo articolo 23, aggiornati alla data del 31 dicembre 2021. Per le finalità di cui al comma 1, qualora, all’esito dell’aggiornamento dei prezzari ai sensi del comma 2, risulti nell’anno 2022 una variazione di detti prezzari rispetto a quelli approvati alla data del 31 dicembre 2021 inferiore ovvero superiore al 20%, le stazioni appaltanti procedono al conguaglio degli importi riconosciuti ai sensi del medesimo comma 1, in occasione del pagamento degli stati di avanzamento dei lavori relativi alle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori ovvero annotate, sotto la responsabilità dello stesso, nel libretto delle misure successivamente all’adozione del prezzario aggiornato.
I maggiori importi derivanti dall’applicazione dei prezzari aggiornati in conformità alle indicazioni del comma 1 – primo periodo – al netto dei ribassi formulati in sede di offerta, sono riconosciuti dalla stazione appaltante nella misura del 90 per cento, nei limiti delle risorse di cui al quarto e quinto periodo del comma 1 dell’art. 29 del d. l. n. 50 del 2022, nonché di quelle trasferite alla stazione appaltante a valere sulle risorse dei fondi di cui al comma 4 del medesimo articolo. Il relativo certificato di pagamento deve essere emesso contestualmente e comunque entro cinque giorni dall’adozione dello stato di avanzamento. Il pagamento è effettuato, al netto delle compensazioni eventualmente già riconosciute o liquidate, ai sensi dell’articolo 106, comma, 1, lettera a), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, entro i termini di cui all’articolo 113-bis, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, utilizzando, nel limite del 50 per cento, le risorse appositamente accantonate per imprevisti nel quadro economico di ogni intervento, fatte salve le somme relative agli impegni contrattuali già assunti, e le eventuali ulteriori somme a disposizione della medesima stazione appaltante e stanziate annualmente relativamente allo stesso intervento.
Al fine di fronteggiare gli aumenti eccezionali dei fattori della produzione, possono, altresì, essere utilizzate le somme derivanti da ribassi d’asta, qualora non ne sia prevista una diversa destinazione sulla base delle norme vigenti, nonché le somme disponibili relative ad altri interventi ultimati di competenza della medesima stazione appaltante e per i quali siano stati eseguiti i relativi collaudi o emessi i certificati di regolare esecuzione, nel rispetto delle procedure contabili della spesa e nei limiti della residua spesa autorizzata disponibile alla data del 18 maggio 2022 – di entrata in vigore del decreto – d. l. n. 50 del 2022.
Qualora il direttore dei lavori abbia già adottato lo stato di avanzamento dei lavori e il responsabile unico del procedimento abbia emesso il certificato di pagamento, relativamente anche alle lavorazioni effettuate tra il 1° gennaio 2022 e la data del 18 maggio 2022, deve essere emesso, entro trenta giorni dalla medesima data, un certificato di pagamento straordinario recante la determinazione, secondo le modalità di cui al primo periodo, dell’acconto del corrispettivo di appalto relativo alle lavorazioni effettuate e contabilizzate a far data dal 1° gennaio 2022. In tali casi, il pagamento è effettuato entro i termini e a valere sulle risorse di cui al terzo e al quarto periodo del comma 1 dell’art. 29 del d. l. n. 50 del 2022.
Il comma 4, dell’art. 29 del d. l. n. 50 del 2022 detta le disposizioni per la copertura degli oneri dei soggetti tenuti alla applicazione del d.lgs. n. 163 del 2006 e del d. lgs. n. 50 del 2016, con esclusione dei concessionari di lavori pubblici, ove non risultino sufficienti le risorse indicate nel comma 1 dell’art. 29 del d. l. n. 50 del 2022.
Il comma 5 detta le norme regolanti l’incremento della dotazione del Fondo di cui all’articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 76 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 120 del 2020.
Ai sensi del comma 6 dell’art. 26 del d. l. n. 50 del 2022, salvo quanto previsto dall’articolo 29, commi 8 e 9, del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25, per fronteggiare i maggiori costi derivanti dall’aggiornamento, ai sensi dei commi 2 e 3 dell’art. 26 del d. l. n. 50 del 2022, dei prezzari utilizzati nelle procedure di affidamento delle opere pubbliche avviate successivamente alla data del 18 maggio 2022, del 18 maggio 2022 – di entrata in vigore del decreto n. 50 del 2022 – e sino al 31 dicembre 2022, le stazioni appaltanti sono abilitate a procedere alla rimodulazione delle somme a disposizione indicate nel quadro economico degli interventi. Per le medesime finalità, le stazioni appaltanti possono, altresì, utilizzare le somme disponibili relative ad altri interventi ultimati di loro competenza e per i quali siano stati eseguiti i relativi collaudi o emessi i certificati di regolare esecuzione, nel rispetto delle procedure contabili della spesa e nei limiti della residua spesa autorizzata disponibile alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Il comma 7 dispone che in caso di insufficienza delle risorse di cui al comma 6, per fronteggiare i maggiori costi derivanti dall’aggiornamento, ai sensi dei commi 2 e 3, dei prezzari utilizzati nelle procedure di affidamento delle opere pubbliche avviate successivamente alla data di entrata in vigore del 18 maggio 2022 e sino al 31 dicembre 2022 che siano relativi ad opere finanziate, in tutto o in parte, con le risorse previste dal regolamento (UE) 2021/240 e dal regolamento (UE) 2021/241 è istituto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze il «Fondo per l’avvio di opere indifferibili», con una dotazione di 1.500 milioni di euro per l’anno 2022, 1.700 milioni di euro per l’anno 2023, 1.500 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025 e 1.300 milioni di euro per l’anno 2026. Le risorse del Fondo sono trasferite, nei limiti degli stanziamenti annuali di bilancio, in apposita contabilità del Fondo di rotazione di cui all’articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183.
- Il breve excursus delle varie norme emanate dal legislatore mostra come si sia passati da una originaria diffidenza verso la revisione dei prezzi, al punto di farne oggetto di un espresso divieto per gli appalti di lavori, giusta l’art. 133 del d. lgs. n. 163 del 2006 il cui comma 2 perentoriamente stabiliva che «Per i lavori pubblici affidati dalle stazioni appaltanti non si può procedere alla revisione dei prezzi e non si applica il comma 1 dell’articolo 1664 del codice civile», ad una revisione prezzi “timida” ossia alle c. d. compensazioni relative solo ad alcuni materiali il cui prezzo avesse subito eccezionali incrementi.
In questa logica si inserisce l’art. 1 septies del d. l. 25 maggio 2021, n. 73 (vedi precedenti punti 2-8) e in essa si colloca anche l’art. 1, comma 398, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (vedi precedente punto 9).
Con l’art. 29 del d. l. 27 gennaio 2022, n. 4 (vedi precedente punto 10) viene rotto il tabù e il legislatore – sia pure per un arco di tempo limitato (dal 27 gennaio 2022 al 31 dicembre 2023) – prevede che i bandi debbano espressamente contenere delle clausole revisionali, fissando l’alea a carico dell’appaltatore nella misura del 5% e la corresponsione solo dello 80% dell’eccedenza e comunque nel limite delle risorse indicate nel comma 7 del medesimo art. 29.
La disciplina relativa agli incrementi di costo dei materiali da costruzione contenuta nell’art. 25, comma 1, del d. l. 1 marzo 2022, n. 17 è durata meno di tre mesi, poiché quanto previsto dai commi da 2 a 8 è stato espressamente abrogato per effetto dell’art. 26, comma 10, del d. l. 17 maggio 2022, n. 50.
È con l’art. 23 del d. l. 21 marzo 2022, n. 21 (vedi precedenti punti 13 e 14) che il legislatore non arresta la propria considerazione ai soli materiali da costruzione, ma la estende anche ad altri fattori della produzione quali carburanti e prodotti energetici. Il passaggio è assai rilevante poiché mentre in tutti i provvedimenti normativi anteriori al d. l. n. 21/2022 venivano presi in considerazione solo gli eccezionali rincari di costo dei materiali, ossia di quanto era destinato ad essere immedesimato nell’opera, con il d. l. 21 del 2022 vengono in rilievo anche gli incrementi di fattori della produzione che non sono destinati ad diventare parte dell’opera, ma che sono, per così dire, “trasversali” ad ogni lavorazione.
Tale diversa logica è presente anche nell’art. 26 del d. l. 50 del 2022 (punto 16 che precede) atteso che anche in esso si rappresenta la necessità di fronteggiare gli aumenti di costo non solo dei materiali ma anche dei carburanti e dei prodotti energetici.
Non è questa la sede per un esame tecnico delle singole disposizioni che tuttavia non vanno esenti da censure; basti dire che – come ampiamente prevedibile – il termine per l’emanazione delle linee guida per l’aggiornamento dei prezzari è scaduto il 30 aprile 2022 (giusta l’art. 29, comma 12, del d. l. n. 4/2022) ma non è stato rispettato, il che – prevedibilmente – precluderà il tempestivo aggiornamento dei prezzari da parte delle Regioni. Nelle more dell’aggiornamento, la norma dispone che per i contratti relativi ai lavori, le stazioni appaltanti incrementino fino al 20% le risultanze dei prezzari regionali di cui all’art. 23, comma 7, del d. lgs. n. 50 del 2016, aggiornati alla data del 31 dicembre 2021. È assai probabile che la mancanza di linee guida comporti l’effetto che ciascuna stazione appaltante provveda per proprio conto, seguendo propri criteri di aggiornamento dei prezzari, con una conseguente difformità di criteri e di risultati. Peraltro, la possibilità di un incremento fino al 20% introduce elementi di discrezionalità che possono portare a risultati assai diversi da committente a committente.
L’auspicio è che l’aggiornamento avvenga sulla scorta di una serie e approfondita ricognizione dei prezzi di mercato e non in ragione della esiguità delle risorse disponibili e della necessità di far rientrare l’opera nel quadro economico, anche a dispetto dell’effettivo costo della stessa, ma di ciò è lecito dubitare.
- Mentre il legislatore cerca – in maniera scomposta e non sempre coerente – di elaborare uno strumentario normativo che sia realmente idoneo a fronteggiare la drammatica situazione economica nella quale versano le imprese e – di conseguenza – lo sviluppo esecutivo delle opere, gli operatori economici – sia singolarmente, sia a livello di rappresentanza di categoria – tentano di praticare soluzioni giuridiche i cui esiti sono alquanto dubbi, puntando su un soluzione negoziale che fa perno sul concetto di buona fede nella esecuzione dei contratti. Alla luce del principio di buona fede – più volte richiamato nel codice civile, art. 1337, 1336, 1375 – l’appaltatore dovrebbe informare il committente in ordine alle circostanze sopravvenute che rendano temporaneamente o definitivamente impossibile la realizzazione dell’opera e il committente sarebbe tenuto ad assumere le necessarie misure per rendere possibile la prestazione della controparte e ciò in applicazione di quanto affermato dalla Corte di cassazione – sez. III, ord. 12 dicembre 2019, n. 32478 – per la quale «la buona fede nell’esecuzione del contratto si sostanzia in un generale obbligo di solidarietà che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere tanto da specifici obblighi contrattuali, quanto dal dovere extracontrattuale del “neminem laedere”, trovando tale impegno solidaristico il suo limite precipuo unicamente nell’interesse proprio del soggetto, tenuto, pertanto, al compimento di tutti gli atti giuridici e/o materiali che si rendano necessari alla salvaguardia dell’interesse della controparte, nella misura in cui essi non comportino un apprezzabile sacrificio a suo carico” (Cass. n. 10182/2009), atteso che “il principio di correttezza e buona fede – il quale, secondo la Relazione ministeriale al codice civile, “richiama nella sfera del creditore la considerazione dell’interesse del debitore e nella sfera del debitore il giusto riguardo all’interesse del creditore” – deve essere inteso in senso oggettivo in quanto enuncia un dovere di solidarietà, fondato sull’art. 2 Cost., che, operando come un criterio di reciprocità, esplica la sua rilevanza nell’imporre a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio, il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge” (Cass. n. 22819/2010)».
In tale contesto, sorgerebbe anche l’obbligo del committente di prestarsi alla rinegoziazione del contratto, allorché intervengano sopravvenienze economiche, dando concreta soddisfazione a tale asserito obbligo attraverso una variante che ridefinisca i termini del contratto stesso.
Tale tesi – che può essere esaminata criticamente solo in maniera assai sintetica – si presta a varie osservazioni:
- la stessa pronunzia della Corte di cassazione innanzi riportata, che viene richiamata a conforto della tesi, prevede che l’impegno solidaristico trovi un suo limite precipuo unicamente «nell’interesse proprio del soggetto, tenuto, pertanto, al compimento di tutti gli atti giuridici e/o materiali che si rendano necessari alla salvaguardia dell’interesse della controparte, nella misura in cui essi non comportino un apprezzabile sacrificio a suo carico», ma nell’ipotesi in considerazione la soddisfazione dell’impegno solidaristico comporta un significativo sacrificio economico del committente che dovrebbe accettare che il costo di realizzazione dell’opera si incrementi anche significativamente;
- l’obbligo di rinegoziazione che si assume derivi dal principio di buona fede trova ostacoli sia nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, sia nella giurisprudenza nazionale. La prima infatti ha affermato che «L’articolo 2 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, deve essere interpretato nel senso che, dopo l’aggiudicazione di un appalto pubblico, a tale appalto non può essere apportata una modifica sostanziale senza l’avvio di una nuova procedura di aggiudicazione, anche qualora tale modifica costituisca, obiettivamente, una modalità di composizione transattiva comportante rinunce reciproche per entrambe le parti, allo scopo di porre fine a una controversia, dall’ esito incerto, sorta a causa delle difficoltà incontrate nell’esecuzione di tale appalto. La situazione sarebbe diversa soltanto nel caso in cui i documenti relativi a detto appalto prevedessero la facoltà di adeguare talune sue condizioni, anche importanti, dopo la sua aggiudicazione e fissassero le modalità di applicazione di tale facoltà» (così – Corte di giustizia, Sez. VIII, 7 settembre 2016, C-549/14); e che un contratto di concessione di servizi stipulato da un’amministrazione aggiudicatrice non può essere modificato, dopo l’aggiudicazione, cambiandone le caratteristiche in maniera sostanziale. Se vi è necessità di rinegoziare i termini essenziali del contratto, occorre dar vita ad una nuova procedura di aggiudicazione o comunque garantire la trasparenza verso tutti gli operatori economici che potrebbero essere interessati ad acquisire la commessa pubblica (così Corte di giustizia, Grande sezione, con la sentenza 13 aprile 2010, n. C-91/08). La giurisprudenza nazionale ha più volte affermato la immodificabilità delle condizioni di aggiudicazione, in tal senso Cass. civ., sez. I, 18 dicembre 2003, n. 19433; Cons. Stato, sez. V, 13 novembre 2002, n. 6281; Cons. Stato, sez. V, 18 gennaio 2006, n. 126; Cons. St., commissione speciale, 12 ottobre 2001, n. 1084.
Non manca – tuttavia – qualche pronunzia di diverso segno, in tal senso infatti Cons. Stato, sez. VI, 4 novembre 2002, n. 6004.
- Lo strumento della variante, che adegui i prezzi contrattuali ai costi di mercato dei fattori della produzione, non appare adeguato, attesa la sua “rigidità” e l’operatività di esso a regime. In altri termini, l’andamento del mercato è conseguenza di una molteplicità concomitante di fattori il cui verificarsi – o attenuarsi – incide sui costi, determinandone la crescita o la riduzione. Pertanto, procedere con una perizia di variante alla ridefinizione dei prezzi, significa voler applicare ad una situazione “a regime” una condizione rilevata in un preciso momento storico, ma che può modificarsi nel giro di pochi giorni, il che imporrebbe la necessità di un nuovo intervento modificativo.
- Sembra, quindi, che la soluzione non sia quella innanzi ipotizzata e che sia ampiamente preferibile la scelta di ripristinare una serio sistema di revisione dei prezzi che rilevi le variazioni – in aumento o in riduzione – di costo di tutti i fattori della produzione e che, dopo aver apprezzato l’incidenza ponderale del costo di ciascun fattore sull’ammontare complessivo dei costi in un arco temporale determinato, pervenga alla individuazione di una percentuale unica di aumento o di diminuzione dei costi rispetto a quelli risultanti dall’offerta. La revisione potrebbe essere riconosciuta in aumento e in riduzione e per effetto dell’applicazione di essa giammai dovrebbe giungersi ad un risultato economico che azzeri l’ammontare dell’utile di commessa esposto nell’analisi dell’offerta la cui produzione dovrebbe costituire un documento da presentare obbligatoriamente in occasione della gara.
- Tale soluzione trova il proprio fondamento logico nell’art. 97 del d. lgs. n. 50 del 2016. La consolidata giurisprudenza ha affermato debba ritenersi anomala un’offerta il cui utile sia pari a zero (in tal senso Cons. Stato Sez. III, 7 gennaio 2022, n. 65; T.A.R. Sicilia, Palermo Sez. II, 31 agosto 2021, n. 2493; Cons. Stato, Sez. III, 13 luglio 2021, n. 5283; Cons. Stato, Sez. III, 14 maggio 2021, n. 3817; Cons. Stato, Sez. V, 22 marzo 2021, n. 2437; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 15 marzo 2021, n. 663; T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 2 febbraio 2021, n. 307) ed è comunque richiesto che l’offerta presenti un utile, anche se modesto (T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna Sez. II, 8 aprile 2021, n. 364; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 1 aprile 2021, n. 2231). È evidente che la logica di tale disposizione è che l’appaltatore non può assumere un appalto in perdita, ossia nel quale l’ammontare complessivo dei costi l’assenza di qualsiasi margine di utile. Occorre, tuttavia, abbracciare l’idea che tale condizione non può essere statica – ossia relativa solo al momento dell’offerta – ma deve accompagnare l’intera esecuzione dell’appalto. In altri termini, l’alea dell’appaltatore deve ritenersi limitata solo all’utile derivante dall’esecuzione della commessa. Ove si condivida tale impostazione ecco che l’equilibrio economico dell’appalto – quale risulta dall’offerta – può modificarsi solo entro i limiti della percentuale di utile, ma non oltre essa, nel senso che gli eventuali rincari dei costi possono – al massimo – comportare l’azzeramento dell’utile, ma non che l’appaltatore operi in rimessione. Ciò comporta – necessariamente – che le verifiche di anomalia debbano essere effettuate in maniera seria e puntuale e debbano fondarsi non sulle offerte di fornitori – formulate addirittura in data posteriore alla presentazione dell’offerta (in tale senso TAR Lazio, Roma, sez. II, 20 dicembre 2021, n. 13167) – ma su documentate analisi di mercato, altrimenti sarebbe sin troppo facile per il concorrente formulare un’offerta sulla scorta di prezzi dei fattori della produzione assai contenuti e poi “recuperare” attraverso il meccanismo revisionale che evidenzi cospicui rincari di costo dei materiali rispetto a prezzi strumentalmente bassi, indicati ai soli fini dell’aggiudicazione. Un maggior rigore nell’apprezzamento delle offerte anomale, tuttavia, richiede una capacità di analisi e di valutazione che la nostra Amministrazione sembra aver da tempo perduto e sarebbe certamente assai utile all’imprenditoria sana, che non sarebbe esposta ad una concorrenza drogata; ma questo è un altro, lungo, discorso.