A cura di: Guido Mancini.
Con la decisione del 29 novembre 2021 n. 21 l’Adunanza plenaria è tornata a pronunciarsi sul tema della responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione in caso di revoca dell’aggiudicazione.
La sentenza merita una segnalazione in quanto esprime una netta inversione di tendenza rispetto alla linea evolutiva in atto da tempo e che sembrava arrivata a compimento con la precedente pronuncia della stessa Adunanza plenaria n. 5 del 4 maggio 2018.
A conclusione di un percorso che invero era iniziato già nel 2005 (Ad. pl. n. 6/2005), l’Adunanza plenaria n. 5/2018 aveva infatti affermato che “il dovere di correttezza e buona fede oggettiva (e la conseguente responsabilità precontrattuale derivante dalla loro violazione) è configurabile in capo all’amministrazione anche prima e a prescindere dall’adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva”, potendo derivare “da qualsiasi comportamento che risulti contrario, all’esito di una verifica da condurre necessariamente in concreto, ai più volte richiamati doveri di correttezza e buona fede”. La stessa Adunanza plenaria aveva inoltre precisato che “la portata del dovere di correttezza è oggi tale da prescindere dall’esistenza di una formale trattativa e, a maggior ragione, dall’ulteriore requisito che tale trattativa abbia raggiunto un livello così avanzato da generare una fondata aspettativa in ordine alla conclusione del contratto. Ciò che il dovere di correttezza mira a tutelare non è, infatti, la conclusione del contratto, ma la libertà di autodeterminazione negoziale”.
Nella nuova pronuncia n. 21/2021 l’Adunanza plenaria ha invece affermato che “nel settore delle procedure di affidamento di contratti pubblici la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione postula che il concorrente abbia maturato un ragionevole affidamento nella stipula del contratto, da valutare in relazione al grado di sviluppo della procedura, e che questo affidamento non sia a sua volta inficiato da colpa”. Ha inoltre precisato che “la partecipazione ad una procedura di gara non fonda per ciò solo una legittima aspettativa di aggiudicazione e stipula del contratto, per cui va escluso al riguardo ogni automatismo”, aggiungendo che il presupposto dell’affidamento tutelabile è costituito da “un livello di definizione delle trattative tale per cui la conclusione del contratto … può essere considerata come uno sbocco prevedibile” ed a tal fine richiamando la “diffusa opinione” della giurisprudenza amministrativa secondo cui “l’affidamento è legittimo quando sia stata pronunciata l’aggiudicazione definitiva”, che rappresenta “il punto di emersione dell’affidamento ragionevole, tutelabile pertanto con il rimedio della responsabilità precontrattuale”.
Si è quindi tornati alla posizione che lega la responsabilità precontrattuale ad un avanzato livello di definizione delle trattative e ne subordina la configurabilità all’aggiudicazione definitiva, in tal modo escludendo che abbiano rilievo la (semplice) partecipazione alla gara e la libertà di autodeterminazione negoziale. E questo nonostante appena tre anni prima la stessa Adunanza plenaria avesse invece ritenuto, a conclusione di un’approfondita e più complessiva analisi del tema della responsabilità della pubblica amministrazione, che la tutela offerta dall’art. 1337 cod. civ. non riguarda più solo il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto, ma è operante “in un più vasto ambito di casi, in cui, pur eventualmente mancando una trattativa in senso tecnico-giuridico, venga, comunque, in rilievo una situazione relazionale qualificata, capace di generare ragionevoli affidamenti e fondate aspettative
Più d’una ragione rende poco convincente il revirement della nuova Adunanza plenaria[1], ma ancora più singolare è il fatto che l’Adunanza plenaria non abbia ritenuto di evidenziare il sostanziale cambiamento di prospettiva rispetto alla sua precedente pronuncia, preferendo al contrario trasmettere un tranquillizzante senso di continuità con il suo ultimo approdo, e rendendo così ancora più problematica l’individuazione della reale portata dell’art. 1337 cod. civ. in caso di revoca o annullamento degli atti di gara, che le era stata sollecitata dalla Sezione rimettente. Con buona pace delle fondamentali esigenze di certezza del diritto e di uniformità di applicazione delle norme alla cui soddisfazione dovrebbe tendere l’attività nomofilattica dell’Adunanza plenaria.
Guido Mancini
[1] Per un approfondimento in merito si rimanda a G. Mancini, “La funzione nomofilattica dell’Adunanza plenaria tra aperture e ripensamenti: la nuova pronuncia in tema di responsabilità precontrattuale”, di prossima pubblicazione sulla Rivista Trimestrale degli Appalti.